domenica 28 agosto 2011

Io e il mare

L'altro giorno sono andata al mare con alcuni dei miei amici d'infanzia. Siamo andati in un posto sperduto di Cerveteri, così sperduto che per arrivarci abbiamo dovuto portarci le bici e fare un pezzo a piedi...
Ora chiariamo subito una cosina...io non amo andare in bici. So andarci, ma non è il mio mezzo preferito!
Comunque ne è valsa la pena...
Quando finalmente siamo arrivati, (vi giuro!) non sembrava di essere a Roma! Sembrava di trovarsi a una di quelle bellissime spiagge della Sardegna, con il mare freddo e limpidissimo, pieno di scogli e pesci e cozze e patelle. Insomma un paradiso marino!
Siamo stati sempre in acqua...a giocare, a raccogliere cozze ecc... Ci siamo divertiti da pazzi! Ma la cosa che mi rimarrà  più impressa è l'aver imparato a pulire le cozze... Devo dire che era molto divertente!
Inoltre quel giorno ho appreso la bellezza del legame tra fratelli! Il modo in cui si sostengono l'un l'altro; come riescono a dirsi tutto e niente allo stesso tempo, gli basta uno sguardo... A volte un fratello, grande o piccolo che sia, può capire ciò che provi molto meglio dei tuoi genitori. Ho capito anche, che anche una fratellanza "non sanguigna" può essere altrettanto bella...a volte anche di più! Però io con "non sanguigna" non comprendo solo il legame tra 2 fratelli di cui uno è stato adottato o affidato... Io comprendo anche il legame tra 2 persone così amiche da ritenersi uniti come fratelli! Questo è un legame bellissimo che ho provo di persona... Infatti c'è un mio amico, Valerio, che si ritiene il mio "Fratellone"; o meglio sono che lo ritengo tale, lui per di più me lo fa capire con i gesti. Una cosa divertente che capita spesso, è che quando ci vediamo lo chiamo "Onii-chan!" e lui mi guarda con  espressione interrogativa!
Comunque, tornando all'argomento mare...
Abbiamo deciso di rimanere là fino al tramonto! È stato fantastico! Ho visto molti tramonti sul mare, ma questo...era diverso... Sono rimasta affascinata da quella palla sopra che si tuffava nel mare, e da quei piccoli raggi che tingevano il cielo di rosa, rosso e viola...
Non dimenticherò mai quel tramonto e quella giornata così unica...spero che questo ricordo mi accompagni per sempre...

domenica 14 agosto 2011

L'amore dell'uomo

Scrivo questo post per diversi motivi... Di recente penso spesso a cosa sente un uomo quando è innamorato. Così ho deciso di citarvi un pezzo del "La casa degli spiriti" di Isabel Allende, che tratta proprio questo tema...

La notte era chiara e stellata, sentivo il freddo trafiggermi le ossa, intirizzirmi le mani infilarsi nella mia anima. Andavo avanti pensando a Rosa e desiderando con veemenza irrazionale che la sua morte non fosse vera, chiedendo al cielo che fosse tutto un errore o che, rianimata dalla forza del mio amore, recuperasse la vita e si alzasse dal suo letto di morte come Lazzaro. Avanzavo piangendo dentro, immerso nella mia pena e nel gelo della notte, sputando bestemmie contro il mulo che andava così piano, contro Férula portatrice di disgrazie, contro Rosa per essere morta, e contro Dio per averlo permesso, finchè l'orizzonte non cominnciò a schiarirsi e vidi scomparire le stelle e sorgere i primi colori dell'alba, che tingevano di rosso e di arancione il paesaggio del Nord e, con la luce, mi tornò un po' di buon senso.
Comincia a rassegnarmi alla mia disgrazia e a chiedere, non più che resuscitasse, bensì solamente che io ce la facesi ad arrivare in tempo per vederla prima che la seppellissero. [...]
Viaggiai più di trenta ore senza fermarmi neppure per mangiare, dimentico perfino della sete, ma riuscii ad arrivare a casa della famiglia del Valle prima del funerale. Dicono che entrai in casa coperto di polvere, senza cappello, sporco e con la barba lunga, assetato e furioso, chiedendo a grida della mia fidanzata. La piccola Clara, mi corse incontro quando entrai nel cortile, mi prese per mano e mi condusse in silenzio nella sala da pranzo. Lì tra bianche nuvole di raso bianco nella sua bianca bara c'era Rosa, che al terzo giorno dalla morte si era conservata intatta ed era mille volte più bella di come la ricordavo, perchè Rosa nella morte si era sottilmente trasformata nella sirena che era sempre stata in segreto.
-Maledizione! L'ho perduta!- dicono che dissi, gridai, cadendo in ginocchio al suo lato, scandalizzando i congiunti, perchè nussuno poteva comprendere la mia frustazione di avere trascorso due anni a scavare la terra per diventare ricco, con l'unico proposito di condurre un giorno all'altare quella giovane che la morte mi aveva soffiato.
[...]
Dopo che furono chiusi i cancelli della tomba e i congiunti, gli amici e i becchini se ne furono andati, rimasi lì tra i fiori sfuggiti all'appetito di Barrababas e che avevano accompagnato Rosa al cimitero. [...]
Il cielo era grigio e minacciava pioggia, credo che facesse freddo, però non lo sentivo, perchè la rabbia stava consumandomi. Non potevo staccare gli occhi dal piccolo rettangolo di marmo dove avevano inciso il nome di Rosa, la bella, e le date che segnavano il limite del suo breve passaggio in questo mondo, a grandi caratteri gotici. Pensavo che avevo perduto due anni sognando Rosa, lavorando per Rosa, scrivendo a Rosa, desiderando Rosa e infine non avevo neppure la consolazione di essere seppellito vicino a lei. Pensai agli anni da vivere che mi rimanevano e pensai che senza di lei non valevano la pena, perchè non avrei trovato, in tutto l'universo, un'altra donna con i suoi capelli verdi, con la sua bellezza marina. Se mi avessero detto che sarei vissuto più di novant'anni, mi sarei sparato un colpo.
[...]
Fu una lunga notte, forse la più lunga della mia vita. La trascorsi seduto accanto alla tomba di Rosa, parlando con lei, accompagnandola nella prima parte del suo viaggio verso l'Aldilà, quando è più difficile staccarsi dalla terra e si ha bisogno dell'amore di chi rimane vivo, per andarsene almeno con la consolazione di aver seminato qualcosa nel cuore altrui. Ricordavo il suo viso perfetto e maledicevo la mia sorte. Rinfacciai a Rosa gli anni che avevo passato dentro un buco nella miniera, sognando di lei. Non le dissi che, in tutto quel tempo, non avevo più visto donne, all'infuori di qualche miserabile prostituta invecchiata e distrutta, che serviva metà dell'accampamento più per buona volontà che per merito. Le dissi invece che avevo vissuto tra uomini rudi e senza legge, mangiando ceci e bevendo acqua putrida, lontano dalla civiltà, pensando a lei notte e giorno, recando nell'animo la sua immagine come uno stendardo che mi dava la forza di continuar a picconare la montagna, anche se il filone si era perso, malato di stomaco per la maggior parte dell'anno, intirizzito dal freddo di notte, allucinato dal caldo di giorno, tutto ciò all'unico scopo di sposarmi con lei, ma lei se n'era andata ed era morta a tradimento, prima che io potessi portare a termine i miei sogni, lasciandomi un'inguaribile desolazione. Le dissi che si era presa gioco di me, l'accusai che non eravamo mai stati veramente soli, che l'avevo potuta baciare una volta sola. Avrei dovuto tessere l'amore con ricordi e desideri opprimenti, ma impossibili da soddisfare, con lettere arretrate e sbiadite che non potevano riflettere la passione dei miei sentimenti nè il dolore della sua assenza, perchè non ho facilità col genere epistolare e molto meno per scrivere le mie emozioni. Le dissi che quegli anni alla miniera erano una perdita irrimediabile, che, se io avessi saputo che sarebbe rimasta così poco in questo mondo, avrei rubato il denaro necessario per sposarmi con lei e costruire un palazzo arredato con i tesori del fondo del mare: coralli, perle, madrepore, dove l'avrei tenuta rinchiusa e dove io solo avrei potuto entrare. L'avrei amata  ininterrottamente per un tempo quasi infinito, perchè ero sicuro che se fosse stata con me, non avrebbe bevuto il veleno destinato a suo padre e sarebbe vissuta mille anni. Le parlai delle carezze che le avevo riserbato, i regali con i quali l'avrei sorpresa, il modo in cui l'avrei fatta innamorare e resa felice. Le dissi, insomma, tutte le follie che non le avrei mai detto se avesse potuto udirmi e che non ho mai ripetuto a nessun'altra donna.
Quella notte credetti di aver perso per sempre la capacità d'innamorarmi, che mai più avrei potuto ridere o inseguire un'illusione.

Ciò che ho riportato qua sopra mi ha fatto pensare molto...